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In questa situazione surreale di pandemia lo sci non è solo un momento di svago, ma è una vera e propria “macchina industriale”, come fosse una “fabbrica” che permette ad imprenditori ed intere famiglie di lavoratori stagionali di vivere o, in casi estremi, di avere comunque uno stipendio per sopravvivere.
Non tutti sanno che sugli impianti da sci lavorano intere famiglie, per fare alcuni esempi: il marito lavora sugli impianti come macchinista e la moglie fa la cassiera o lavora presso un rifugio. Oggi tutto è chiuso!
Il Governo aveva fatto intendere che la stagione sciistica sarebbe ripartita prima a Natale 2020, poi il 7 gennaio, poi alla fine di gennaio, ed infine il 15 febbraio 2021.
A seguito della messa a norma degli impianti e nel momento in cui il Comitato Tecnico ha dato il via libera e l’Ordinanza era stata firmata, tutti gli operatori ed anche le strutture ricettizie in montagna si erano attivate per riaprire in sicurezza. Ciò significa che gli impianti hanno investito in sicurezza, a che alberghi e rifugi hanno acquistato le materie prime; tutti hanno assunto personale ed hanno fatto promesse a persone disoccupate, che finalmente nutrivano una seria speranza di poter nuovamente lavorare.
Tutta un’illusione! A poche ore dalla riapertura il Governo ha posto il blocco.
Tutto questo ha creato un danno sia agli imprenditori, che si erano adoperati per far riaprire l’attività, sia ai lavoratori stagionali, che dopo centinaia di promesse si sono ritrovati per l’ennesima volta senza lavoro e con il problema di non avere nemmeno più la garanzia di avere il bonus da disoccupazione, perché i beneficio fiscale per molti sta giungendo al termine. La riapertura degli impianti era davvero l’unica speranza per evitare la catastrofe!
Alla luce di tutto questo, chiedere un risarcimento danni e/o un indennizzo è possibile per gli impianti a fune, che hanno investito in materiali per mettere tutto in sicurezza, e per gli imprenditori, che hanno acquistato generi alimentari che non potranno usare, ed hanno altresì assunto inutilmente personale con ulteriore aggravio di costi? Sarebbe questo il caso di “legittimo affidamento” nei confronti dell’Amministrazione: l’interesse a tutelare chi confida in una situazione definitasi nella realtà giuridica.
Il cittadino – nel caso di specie, anche l’imprenditore – ha legittimamente confidato che l’Amministrazione concedesse, con margine di sicurezza ampio benché non definitivo, la riapertura degli impianti sciistici, al fine di far ripartire l’economia montana, ma così non è stato.
L’Amministrazione in meno di 24 ore è venuta meno ad una ordinanza che aveva ingenerato nei cittadini la speranza di poter tornare a lavorare: in questo modo, “è venuta a mancare la buona fede” e, per tutti coloro che hanno investito nella riapertura, vi è un concreto diritto di avere un risarcimento dei danni o un indennizzo. La tematica si aggrava per i lavoratori stagionali, molti dei quali tra marzo ed aprile 2021 non riceveranno nemmeno più la “disoccupazione” e non possono lavorare perché lavoro proprio non c’è, in quanto il comparto turistico della montagna è chiuso. Anche loro hanno diritto ad un ristoro (o comunque un sostegno) da parte delle Istituzioni, ma fino ad oggi se ne parla poco.
Aprire gli impianti il 6 marzo e/o successivamente sarebbe come riaprire la stagione balneare il 15 settembre! Oltre al “danno anche la beffa“, in buona sostanza un bel “pesce d’aprile 2021” per tutto il comparto montano e l’economia che rappresenta e sostiene migliaia di famiglie.
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